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Facebook Watch è arrivato in Italia

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Facebook Watch è arrivato in Italia
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Alla fine Mark Zuckerberg ce l’ha fatta: anche Facebook ha la sua TV. La sfida a Youtube (ma non solo) ha inizio

Tempo di lettura ≈ 7 min.

Il 29 agosto scorso, su Newsroom, Fidji Simo, capo della divisione video di Facebook, ha ufficializzato il lancio mondiale di Facebook Watch, fino a quella data disponibile solo negli Stati Uniti. La casa di Menlo Park ha finalmente iniziato il suo viaggio nel vero universo della condivisione video; una strada che dovrebbe portare, in un futuro prossimo, alla tanto attesa Social TV. E forse anche un po’ più in là.

Tutto ha inizio con un clic

«Oggi rendiamo Facebook Watch disponibile ovunque, offrendo alle persone in tutto il mondo un nuovo modo per scoprire video straordinari e interagire con amici e autori. Vi invitiamo a unirvi a noi nella nostra nuova destinazione video.»

Ma in sostanza cosa è cambiato in questo mese e mezzo? Come molti avranno notato, ora su Facebook c’è un pulsante in più, che ci consente appunto di accedere a Facebook Watch. Per ora il servizio è disponibile solo da mobile, e diffonde contenuti creati dalle singole pagine (o dai creator) a cui abbiamo dato il like. In un certo senso, i primi contenuti che Watch ci offre sono selezionati a monte, basati sulle nostre preferenze. Nulla di troppo originale o di eccessivamente diverso rispetto ai video che ci appaiono in bacheca, se non una cornice più chiara e strutturata. E una strada già tracciata.

Qui infatti si nota la prima differenza con gli Stati Uniti, dove Watch è disponibile già da un anno. Questo però ci permette di dare un’occhiata nel futuro, per capire cosa arriverà anche da noi. Negli States, com’è ovvio, l’offerta è decisamente più ampia:

  • Show dedicati, come talk show e quiz
  • Documentari, news e programmi di informazione
  • Serie TV, anche se ancora con episodi brevi e non paragonabili alle grandi produzioni
  • Sport: trasmette alcuni match della MLB (Major League Baseball, la massima serie di baseball e uno degli sport più seguiti dagli americani) mentre in Sud America trasmetterà in esclusiva la Champions League di calcio per i prossimi tre anni.

Quindi Watch funziona? È ancora troppo presto per dirlo ma, stando a Fidji Simo, i dati sono sicuramente incoraggianti: «Ogni mese, più di 50 milioni di persone guardano video per almeno un minuto sulla piattaforma, e il tempo totale passato su Watch è aumentato di 14 volte dall’inizio del 2018». La soglia di attenzione per i video su Facebook è sempre stata molto più bassa (un utente decide in genere nei primi 3-6 secondi se varrà la pena di continuare la visione); Watch potrebbe comportare, e in parte è l’obiettivo, un cambiamento di rotta nel modo in cui consumiamo contenuti online.

Watch Out. A cosa punta Facebook?

È chiaro ormai da tempo che i video sono il formato più performante su Facebook, quello che attira di più l’attenzione, colpisce più sensi, trasmette più informazioni e intrattiene maggiormente. Allo stesso modo, a livello di intrattenimento e informazione, domina nella vostra vita tramite moltissime piattaforme.

Instagram IGTV, Youtube, Amazon Prime Video, Netflix. E poi la TV. Qual è, se esiste, il vero rivale di Menlo Park? Difficile che l’obiettivo di Zuckerberg sia quello di fare concorrenza alla sua stessa IGTV che, in effetti, ha scopi in parte diversi (intrattenimento breve, maggior qualità estetica dei contenuti, effetto pubblicitario più marcato e immersione nella vita del brand o del creator). E allora Watch potrebbe essere il vero primo passo verso la Social TV.

L’obiettivo non dichiarato, infatti, è quello di trattenere le persone sulla stessa piattaforma, senza farle uscire in cerca, o all’inseguimento, di altri contenuti, in particolare articoli e video. Ecco perché il primo rivale nel mirino è Youtube. Ma lo scopo? Ne ipotizziamo tre:

  • Il fine sociale: offrire il più alto numero di contenuti condivisibile dal maggior numero di persone. In un futuro molto vicino, l’idea è quella di dare la possibilità a migliaia di persone di vedere insieme il proprio programma preferito, commentando e interagendo senza mai lasciare la piattaforma;
  • Il fine commerciale: i video offrono maggiori possibilità per la pubblicità, e siccome attraggono più gente e visualizzazioni possono generare maggiori introiti. Aspetto che acquista ancora più importanza se le persone trovano tutto quello di cui hanno bisogno sullo stesso canale;
  • Il fine editoriale: realizzare e controllare contenuti più interessanti e di qualità (oltre che combattere le fake news, tema che Facebook sembra aver preso molto a cuore).

È chiaro quindi che il media per eccellenza è ancora il video, conteso da piattaforme e creator. Dal cinema alla televisione, dallo streaming alla prossima social TV, il caro vecchio video si rivela ancora l’attrazione principale per gli utenti. Probabilmente perché può intrattenere lo spettatore stimolando in maniera immersiva i sensi e perché è ancora quello a cui siamo più legati. Per la Generazione Z se ne riparlerà più avanti, ma a quel punto Facebook vorrà essere già subentrato a televisione e cinema.

Anche Amazon è partito da lontano, con ben altre intenzioni, per approdare comunque a Prime Video. Netflix è ormai diventato un impero a tutti gli effetti: compete, e spesso, supera, il cinema stesso. Il vero obiettivo sembra però essere la TV. Tutti la bistrattano, dicono di non guardarla più, nemmeno ce l’hanno in casa; ma fa gola ai grandi. Perché la TV è ancora il più grande mercato pubblicitario del mondo, venti volte di più di quello dei video online.

Ma cos’ha la televisione che streaming e social TV non hanno? Nel bene e nel male, è più selettiva.

Mettiamoci comodi. Cosa ci aspetta?

L’Italia, come il resto del mondo, è arrivata dopo gli Stati Uniti. Dando un’occhiata a cosa succede oltreoceano possiamo farci un’idea di quello che finirà online anche qui. Noi, come detto, possiamo seguire i video creati dalle pagine che seguiamo. Dato che la fruizione avviene esclusivamente da mobile, questi video devono essere pensati, come già avveniva prima, per questo formato. È una TV più coinvolgente o è sempre lo stesso video che prima era in bacheca e che ora ha trovato una nuova casa?

Negli USA i programmi sono ancora relativamente brevi, e puntano soprattutto su intrattenimento ed eventi sportivi. Iniziano a essere prodotti i primi programmi originali come Red Table Talk con Jada Pinkett-Smith, Full Circle con Anderson Cooper, la serie Sorry for your Loss. Ancora non c’è però traccia di accordi ufficiali con le grandi case di produzione o i network principali. Serie TV di alto livello e film arriveranno, con ogni probabilità, più avanti, quando Watch avrà consolidato la sua piattaforma per approdare anche su computer e smart TV.

Come dovrebbe essere ovvio, i contenuti saranno fondamentali. La qualità offerta e il modo con cui potremo interagire con essi e gli altri utenti che li stanno guardando dovranno essere i punti forti degli original di Watch. Altrimenti qual è la novità? Il semplice fatto di avere tutto a disposizione sulla stessa piattaforma potrebbe non bastare, se i programmi non sono coinvolgenti o davvero “sociali”. Serviranno contenuti utili o divertenti, che daranno all’utente la possibilità di:

  • Interagire con lo show;
  • Commentare e condividere con altri fan, anche sconosciuti;
  • Far sentire la propria voce ben oltre i banali sms in trasmissione e il voto a casa.

Una delle prime sperimentazioni in questo senso sembra essere la modalità Video Party, in cui Facebook, in questo primo anno, ha investito un miliardo di dollari. È un ambiente virtuale pensato per prime visioni, eventi live e show incentrati sulla partecipazione del pubblico (come i quiz). Dovrebbe essere una sorta di social room nella quale, potenzialmente, tutti possono entrare. Qui il pubblico da spettatore passivo e semplice commentatore potrà diventare protagonista dello show stesso.

Dovremo fare quindi molta attenzione a come Facebook entrerà nel mondo dei contenuti original, perché Netflix e Amazon hanno già alzato parecchio l’asticella. Zuckerberg è entrato nella maratona a metà: gli altri sono già caldi e hanno fatto il fiato, ma lui li ha studiati e ha molte più energie da spendere.

We run ads. La pubblicità su Watch

La possibilità di monetizzare i propri contenuti su Watch è già realtà in molti paesi, e in Italia dovrebbe arrivare entro fine anno. Il modello, più o meno evidente, è quello di Youtube.

Gli Ad Breaks (il nome che avranno le inserzioni) potranno avere i classici formati pre o mid-roll, oltre alle immagini statiche. Zuckerberg sembrerebbe preferire i mid-roll, perché dissuadono meno lo spettatore dal proseguire la visione, ma non ci sono differenze di costo. Ci sono però alcuni requisiti, necessari per poter inserire delle Ads nei propri video:

  • Queste inserzioni non possono durare più di 15 secondi;
  • Le pagine idonee hanno creato dei video di almeno 3 minuti che hanno generato in totale più di 30 mila visualizzazioni di almeno 1 minuto negli ultimi due mesi;
  • Queste pagine hanno almeno 10 mila follower;
  • Soddisfano gli Standard per l’idoneità alla monetizzazione di Facebook.

Il 55% degli introiti andrà al creator, il 45% a Facebook, e si monetizzerà, come’è facile immaginare, sulle views. Il prossimo passo sarà capire se ci saranno anche contenuti da acquistare singolarmente (come lo sport negli Stati Uniti) o abbonamenti premium per seguire serie e produzioni originali.

Sarà vera rivoluzione?

Questo è quello che pensa Facebook. Zuckerberg mira a cambiare il nostro modo di consumare contenuti, come ha già cambiato il nostro modo di socializzare. Fino a poco fa guardavamo un programma o una serie in TV oppure online, e poi andavamo su Facebook, Whatsapp, Instagram per commentare e interagire tra di noi. E adesso? Faremo tutto sul social network blu? La road map sembra essere segnata. Il primo obiettivo è Youtube, poi Amazon e Netflix. E poi la TV.

Ma Watch potrebbe essere solo l’inizio di una strategia più complessa che punta a inglobare i principali servizi e tendenze online all’interno di Facebook. Forse il vero inizio del Social Web.

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